L’acqua: una risorsa in movimento
Una importante chiave di lettura dello sviluppo e della capacità della vecchia Milano tra le mura di crescere, è da individuare nella capacità tecnica di gestire le acque. L’acqua proviene, in realtà, da sorgenti sotto le rocce create da piogge e neve sciolta che sgorgano dal terreno: dentro la vetta delle montagne il vapore condensa creando acqua. Parte di queste acque affiorano in superficie creando ruscelli, fiumi e arrivando ai mari, altre restano nel sottosuolo.
Per millenni l’unica energia utilizzata è stata quella prodotta delle braccia umane o degli animali; successivamente, l’energia del vento ha consentito la navigazione delle barche a vela 3000 anni prima di Cristo.
Soltanto negli ultimi secoli a.c. si è scoperto che l’acqua poteva contenere energia potenziale, che diventava utile quando essa cominciava a scorrere grazie alla gravità, partendo dalle Alpi per convogliarsi nei fiumi ed arrivare in città.
L’uomo ha così cominciato a trasformare l’energia cinetica dell’acqua in movimento in energia meccanica nei mulini, per macinare cereali e grano, per le industrie tintorie e tessili e per la torchiatura. Il fiume Lambro è diventato una rete di comunicazione sull’acqua che rende la vecchia Milano non solo un porto fluviale, ma anche produttivo.
Il mulino
Prima della grande svolta dell’umanità data dalla rivoluzione industriale, che utilizzava fonti di energia inanimata (carbone, petrolio, gas), l’uomo ha per secoli utilizzato l’energia animata (del bue o del cavallo) per lavorare, ma nel Medioevo scoprì come utilizzare la forza dell’acqua corrente per produrre energia idraulica mediante i mulini. L’energia sprigionata serviva a muovere le macine del frumento, per il funzionamento delle segherie, per la lavorazione dei metalli, per azionare i telai nell’industria dei tessuti. Il mulino era necessario alla Grangia di San Gregorio e comportò lo sviluppo di canali di riserva e dighe in cui l’acqua poteva essere gestita e convogliata.
L’acqua dal sottosuolo
Il fiume Lambro e la Roggia Molina
L’acqua non solo è necessaria per la vita, ma è sempre stata utilizzata come rete di comunicazione che ha reso Milano un porto fluviale. Il fiume Lambro è stato il “nastro trasportatore” del materiale eroso dalle Alpi, trascinando detriti e le rocce utilizzate per costruire ciottolati delle corti delle cascine fuori le mura di Milano. L’acqua del fiume Lambro è stata canalizzata nel canale artificiale chiamato Roggia Molina, per alimentare i mulini del territorio.
L’acqua è presente anche nel sottosuolo come acqua risorgiva caratteristica della Pianura Padana. Queste acque che non si raccordano nei fiumi in superficie, convogliano in sentieri sotterranei attraversando valli e pianure fino a raggiungere la nostra Pianura Padana. Qui incontrano detriti più sottili e argilla impermeabile, che obbliga le acque sotterranee a venire a galla creando i fontanili. Il fontanile “La matta” è nato proprio così!
Questa storia naturale incontra la tecnica e la storia umana: l’uomo con grandi capacità ha gestito queste acque di risorgiva, addomesticandole e organizzandole, inserendo nel terreno tubi, legno e mattoni e creando la “testa del fontanile”: un laghetto dal quale partiva il canale che distribuiva l’acqua per irrigare i campi di Cascina Biblioteca.
Questo fontanile è stato prosciugato negli anni ‘60 durante la creazione dell’Ospedale San Raffaele, ma le acque continuano a sgorgare limpide e il suo nome “La Matta” fa riferimento alla sua incostanza nella portata d’acqua, che varia considerevolmente in relazione alle condizioni climatiche delle Alpi.
Le marcite
Le marcite presenti all’interno del Parco Lambro acquisite di recente da Cascina Biblioteca, sono l’esempio della capacità tecnica di gestire queste acque da parte dell’uomo per bonificare paludi e ottimizzare al massimo la capacità produttiva del territorio.
La tecnica della marcita consiste nel dare vita a quello che manca nella pianura, ovvero la gravità; creando delle pendenze veniva permesso all’acqua di defluire e conseguentemente di essere salubre e produttiva.
La struttura tipica delle marcite assomiglia a tanti libri aperti uno accanto all’altro: un grosso canale al centro permetteva all’acqua di defluire ai due lati lungo le “pagine del libro”, per finire in canali laterali che a loro volta portavano l’acqua ad una altra marcita. Il movimento dell’acqua creato artificialmente con la gravità impediva alla stessa di gelare in inverno e non cessare la produzione!
L’ecosistema fontanile
Un fontanile è di fatto un fiume in miniatura e spesso è rifugio per specie animali e vegetali, un vero scrigno di biodiversità all’interno delle campagne ormai antropizzate. Sulle sponde crescono alberi un tempo comuni e ormai rari come l’ontano nero e il salice bianco; in acqua prosperano piante tipiche come la menta acquatica e l’acero campestre.
Gli insetti delle acque
Tutti gli insetti che comunemente chiamiamo libellule appartengono all’ordine degli “odonati”, ma esistono due gruppi principali: gli Zigotteri o damigelle e gli Anisotteri, le vere libellule.
Entrambe hanno il corpo lungo, antenne corte, occhi grandi e mandibole dentate con le quali si cibano di insetti che catturano al volo. Come distinguerle? Da posate le vere libellule tengono le due paia di ali trasparenti aperte, mentre le damigelle le tengono verticali e chiuse sopra il corpo.
Entrambe sono biologicamente legate alla presenza di acqua nel loro habitat, in quanto trascorrono la loro vita giovanile (ninfe) in acqua predando girini e insetti. Al momento della maturità avviene la metamorfosi: la ninfa si arrampica sugli steli d’erba a bordo dell’acqua e in pochi giorni si sviluppa l’insetto adulto. Sono legati biologicamente all’ambiente acquatico nelle cui vicinanze trascorrono la loro esistenza, le forme giovanili (ninfe) vivono infatti nell’acqua e sono ottimi predatori cacciando prevalentemente insetti e girini.
Quando le larve sono mature (il loro sviluppo può durare anche 5 anni) avviene la metamorfosi: la ninfa si arrampica fuori dall’acqua dove, in pochi giorni, svilupperà un insetto adulto.
I pesci
Nel nostro fontanile sono presenti diversi pesci della famiglia dei ciprinidi, tipici delle acque dolci correnti. Il cavedano, Squalius cephalus cabeda, è un grandissimo nuotatore e ha grandi squame verde scuro nella parte dorsale, con riflessi argentati sui fianchi ed il ventre bianco; invece, il nome volgare varia da regione a regione. Con la sua livrea dorsale di colore verde scuro, con riflessi argentei sui fianchi e il ventre bianco, è un grandissimo nuotatore.
L’alborella, Alburnus alburnus alborella, è un piccolo pesce affusolato e schiacciato ai lati con livrea argentea e metallica sui fianchi e riflessi bruni sul dorso. E’ un pesce gregario, che vive in branchi fin dalla nascita e si nutre prevalentemente di piccole larve di insetti o plancton in prossimità della superficie.
Alcuni animali della matta non sono tipici del nostro territorio ma alloctoni cioè introdotti dall’uomo. Oltre ai pesci c’è anche un crostaceo: il gambero di fiume, Procambarus Clarkii o gambero della Luisiana, è l’esempio di un pezzo di storia locale quando per le strade di Milano c’erano i venditori dei “gamber del Lamber”. A causa della prelibatezza delle sue carni, la notevole capacità di adattamento a nuovi habitat anche inquinati e alla velocità di accrescimento, fu importato a scopo di allevamento nelle acquacolture e attualmente è il più diffuso al mondo!